Negli ultimi anni, fare 10.000 passi al giorno è diventato un vero mantra per chi desidera mantenersi attivo. L’idea che basti camminare per raggiungere il benessere fisico ha conquistato milioni di persone, complice la diffusione di app e smartwatch che monitorano ogni nostro movimento. Ma quanto c’è di vero dietro questo numero? E, soprattutto, da dove nasce?
Da dove viene il mito dei 10.000 passi?
Contrariamente a quanto molti pensano, non esiste una base scientifica solida dietro il numero “magico” dei 10.000 passi. Secondo il fisioterapista Jesús Serrano, questa cifra risale agli anni Sessanta, quando un’azienda giapponese lanciò sul mercato un contapassi promuovendo proprio questo traguardo come obiettivo quotidiano. Una scelta puramente commerciale, che nel tempo è diventata un riferimento universale, anche se mai confermato da linee guida ufficiali come quelle dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Camminare ogni giorno, ovviamente, fa bene. I benefici sono numerosi: aiuta il sistema cardiovascolare, migliora l’umore e contrasta la sedentarietà. Tuttavia, ridurre tutto a un numero fisso rischia di semplificare eccessivamente una questione ben più complessa.
Camminare fa bene, ma serve equilibrio
Se ci si chiede se 10.000 passi siano sufficienti, la risposta degli esperti è chiara: dipende. Per molti, questo obiettivo rappresenta un buon punto di partenza, ma non basta da solo per garantire uno stile di vita davvero sano. Serrano suggerisce di combinare la camminata con esercizi di forza o sessioni di allenamento più strutturate.
Anche la psicologa Patricia de la Fuente sottolinea un aspetto fondamentale: l’intenzione. Non conta solo la quantità, ma anche il perché si cammina. Inserire il movimento nella propria routine quotidiana come gesto di cura verso sé stessi è spesso più efficace di qualsiasi obiettivo numerico.
Inoltre, porsi traguardi realistici può rendere più semplice la costanza, senza trasformare l’attività fisica in una fonte di stress.
Quando il contapassi diventa un’ossessione
L’aspetto problematico emerge quando il traguardo dei 10.000 passi diventa una fissazione. Monitorare costantemente i numeri può generare ansia e frustrazione. Secondo de la Fuente, il movimento dovrebbe rilassare, non stressare. In alcuni casi, come racconta Serrano, può persino compromettere il riposo o creare senso di colpa nei giorni in cui non si raggiunge l’obiettivo.
Camminare dovrebbe rimanere un atto di libertà, non una prestazione da cronometrare. Spegnere, ogni tanto, il contapassi e muoversi senza pensieri può restituire il piacere autentico del movimento.
Ascoltare il corpo, più dei numeri
In sintesi, fare 10.000 passi al giorno non è sbagliato, ma non deve diventare una regola rigida. Ogni persona ha esigenze diverse, e ciò che conta davvero è muoversi con regolarità, ascoltando il proprio corpo. Che siano 7.000, 12.000 o solo una camminata rigenerante dopo il lavoro, l’importante è restare attivi con equilibrio e consapevolezza.